Prevenzione

La prevenzione

L’attenzione alla salute psicologica non solo intesa come cura degli stati di malattia, ma anche come processo di prevenzione per migliorare la qualità della vita e fare il modo che il malessere non si instauri, ha portato la dott.ssa Boccuni a individuare una serie di percorsi di consapevolezza, ai confini fra ricerca psicologica, arte e terapie naturali, che si sono sostanziate dal 2007 nelle attività dell’Associazione CreativaMente, di cui la dott.ssa Boccuni è fondatrice e presidente. 

Fra queste attività, tutte rivolte ai gruppi, si possono frequentare Percorsi di Rilassamento Energetico con musicoterapia, cromoterapia e aromaterapia, Laboratori di Cinematerapia e Teatroterapia, percorsi di Formazione per Operatori Sociali e Counselor, interventi nelle Scuole per il Sostegno in età evolutiva e Incontri Letterari a sfondo psicologico.
Fra le mission dell’Associazione CreativaMente si annoverano le seguenti finalità:
  • diffondere la cultura psicologica, antropologica e umanistica in ambito individuale e sociale, integrandola alle conoscenze del campo artistico, per favorire il miglioramento della qualità della vita del singolo individuo, della coppia, della famiglia e dei gruppi sociali;
  • destinare un'attenzione specifica ai progetti di prevenzione del disagio psicologico ed esistenziale, in particolare per l'età evolutiva, attraverso interventi di sostegno ed educazione alla salute psichica nelle strutture scolastiche; 
  • sdoganare le conoscenze psicologiche dai luoghi di cura, per renderle fruibili a chiunque, data l'importanza del "conoscere se stessi per star bene con se stessi e con gli altri", attraverso incontri informativi e di facile accessibilità culturale e economica;

  • promuovere percorsi di formazione per operatori socio-sanitari, attraverso seminari, stage, convegni e incontri di approfondimento.
Puoi guardare le iniziative di CreativaMente collegandoti alla pagina Facebook: www.facebook.com/associazione.creativamente.ta.

RUOLO DEL CINEMA NELLA MALATTIA E NELLA GUARIGIONE


INTERVISTA PER "VIVERSANI E BELLI"

  • Qual è l’importanza del racconto cinematografico come terapia psicologica?

La narrazione ha sempre un valore “terapeutico”. Lo affermò già Sigmund Freud nei primi del ‘900*quando, dopo aver sperimentato il metodo allora in auge per la guarigione dai disturbi psichici (ipnosi), si rese conto che il paziente dimenticava facilmente e/o non era cosciente di quanto accadeva e rivelava durante la seduta ipnotica e questo non dava quindi luogo a significativi processi di cambiamento, in termini di miglioramento delle sue condizioni di salute. Così nacque la “psicanalisi”, con il famoso setting terapeutico che tutti conosciamo, in cui il paziente si “raccontava” e il terapeuta lo aiutava a vedere, fra le pieghe del suo racconto, quanti condizionamenti e sofferenze, evitati o rimossi, si potevano celare nella sua storia. Questa consapevolezza era (ed è ancora oggi, al di là dei singoli approcci terapeutici) il maggior veicolo del cambiamento e della guarigione. Se consideriamo il “racconto cinematografico” una narrazione umana in cui ci si coinvolge, con emozioni diverse a seconda del soggetto fruitore e della sua storia, possiamo sicuramente affermare che il Cinema ed i film possono essere un valido strumento per favorire processi terapeutici, in quanto creano una stimolazione multipla nel fruitore: di pensiero, di emozione, di identificazione. Naturalmente questo non vuol dire che qualunque film possa avere un effetto positivo sul/sui fruitori. Ci vuole un’approfondita esperienza sull’analisi contenutistica dei film (contenuto manifesto/contenuto latente) e dei messaggi artistici in generale (arte-terapia), sulle modalità di uso dei film con finalità terapeutiche e una adeguata conoscenza della personalità e della storia psicologica del/dei soggetti fruitori, quindi un training apposito in Cinematerapia per il soggetto proponente.

  • I pazienti possono identificarsi nei film che raccontano una malattia (magari la loro stessa malattia), traendone un aiuto dal punto di vista emotivo?
Come ho già anticipato prima, i pazienti possono identificarsi nei personaggi di un film che racconta la loro stessa malattia, dato che l’identificazione è uno dei principali meccanismi psichici che la visione di un film sollecita e da cui deriva poi il “giudizio emotivo” che diamo di un film (se ci è piaciuto, se ci ha infastidito, ecc.). Il problema maggiore è quello della “somministrazione” ai fini terapeutici di questo tipo di sollecitazione. Bisogna essere accorti e non ingannarsi sugli effetti che un film potrà produrre su un singolo soggetto o su gruppi di soggetti, pensando che lo stesso punto di vista di chi propone il film possa essere quello dei fruitori, soprattutto se si tratta di persone che stanno attraversando una sofferenza. Mentre quandoandiamoalcinemaavedereunfilmnoiloscegliamoleggendolatramaedecidiamose siamo disposti o meno a ricevere quel tipo di sollecitazione, non è la stessa cosa proporre un film ed un tema ad una persona o un gruppo di persone che stanno attraversando un momento difficile, per problemi esistenziali e/o di salute. Bisogna conoscere l’uditorio, prepararlo a ricevere determinate stimolazioni, quindi fare un’indagine psicologica prima della “somministrazione” (oltre ad avere la formazione adeguata per sapere quali film proporre e quando) e avere anche le capacità di ascolto, contenimento ed elaborazione dei contenuti emozionali e delle riflessioni che scaturiranno nell’uditorio dopo la visione del film. Può succedere, ad esempio, che un paziente pur avendo avuto una diagnosi chiara circa il suo stato di malattia, non abbia ancora elaborato consapevolmente la sua nuova condizione, avendo attive delle difese a livello psichico, che fanno da filtro sulla ricettività di determinati contenuti o addirittura lo portano a respingerli con fastidio, poiché li trova al momento indigesti. Non si può e non si deve forzare sulle difese psichiche, per non produrre conseguenze indesiderate. Insomma, non è una cosa facile l’uso dei film a livello terapeutico, comportando la conoscenza e la valutazione di tutto un insieme di fattori concorrenti.

  • Qual è l’effetto delle emozioni che elaboriamo durante la visione di una pellicola cinematografica?
L’effetto cambia da soggetto a soggetto ed in ragione anche del momento storico che il fruitore si trova a vivere, pertanto non è possibile prevedere con certezza che conseguenze avrà la visione di un dato film, in un dato momento e su una data persona. Quello che di sicuro possiamo affermare è che il cinema produce una stimolazione multiforme sulla persona che ne fruisce. I film, allo stesso modo di altre forme d'arte, riescono a toccare le profondità e sollecitare le pieghe nascoste dell’animo umano, producendo emozioni intense, grazie alla combinazione di musica ed immagini in movimento, sonorità e simboli di diversa natura, capaci di condensare e veicolare diversi significati. Una combinazione, questa, che sempre più si sta affermando nel campo della comunicazione artistica attuale, dove al linguaggio pittorico spesso viene sostituito il linguaggio delle immagini in movimento, in ambienti sonori variamente caratterizzati (videoperformances, videoclips, cortometraggi, ecc.). La comunicazione cinematografica presenta inoltre una particolare condizione, che consente l'emergere di aspetti inconsci e regressivi, che è il buio presente nella sala di proiezione (anche se siamo a casa o in altro luogo, l’attenzione è concentrata sullo schermo video illuminato e lo spazio tutto intorno è soffuso ed in secondo piano: così possiamo accedere ad un “altro mondo”, quello che il film ci racconta). Il buio fisico richiama quello dell’inconscio. Per questi motivi la cinematografia si accosta al sogno ed ai processi che lo regolano e può similmente offrire un terreno di riflessione ed elaborazione dei propri vissuti emotivi.

  • L’effetto evocativo, simbolico e allegorico di un film può avere anche degli aspetti negativi sulla nostra psiche?
Si, è possibile. La visione di un film può sollecitare emozioni forti, sia in senso positivo che negativo, lasciandoci a lungo sensazioni importanti dentro, che possono avere un effetto stimolante, ma anche bloccante. Il Cinema è la “settima arte” e come ben sappiamo, l’arte smuove emozioni, potendo addirittura, in certi casi, far emergere quadri sindromici latenti (come accade ad es. nella Sindrome di Stendhal, una particolare forma di disorientamento, talvolta di amnesia, che si può provare al cospetto di un’opera d’arte). Gli studi di psicologia dell'arte, scandagliando nella creatività e nella produzione-fruizione artistica, offrono indicazioni per capire meglio il funzionamento della mente umana. Che cosa avviene nella mente di un osservatore quando si trova di fronte ad un'opera d'arte? Secondo la psicanalista Graziella Magherini*, nella visione e nell'incontro con l'opera d'arte si attivano parti profonde della nostra personalità: l'inconscio freudiano, il 'rimosso', esperienze un tempo vissute, poi dimenticate; ma si attivano anche esperienze emozionali più primitive, arcaiche, mai riconosciute dall'Io cosciente, tracce asimboliche e tuttavia attive. L'osservatore pertanto, nel suo rapporto con l'arte, può essere colpito a livelli molto profondi della psiche, e sperimentare particolari esperienze emotive. E’ sempre importante, quindi, in ambito terapeutico, dosare l’uso dello strumento artistico e, nello specifico, di quello filmico, con cautela ed adeguatezza.

Articolo a cura della Dott.ssa GIUSI BOCCUNI
PSICOLOGA PSICOTERAPEUTA
TARANTO

Riferimenti Bibliografici:
S.Freud, Introduzione alla Psicanalisi, Boringhieri Opere,vol.VIII,1915-17 
G.Magherini, Mi sono innamorata di una statua, ed Nicomp,Firenze,2007

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