Covid-19

COME AFFRONTARE L'ANSIA DA CORONAVIRUS ? 


Da Marzo 2020 abbiamo vissuto tutti, in Italia in particolare, ma anche nel resto del mondo (da quando l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia), i terribili effetti della diffusione del COVID19, più ampiamente noto come “coronavirus”. Il problema, che ha implicato un enorme impegno di contenimento-prevenzione e cura in ambito sanitario, gravando in modo significativo sulle strutture ospedaliere e sui reparti di terapia intensiva e imponendo al Governo l’emanazione di decreti, contenenti misure di tutela con effetti sempre più restrittivi, ha avuto degli importanti risvolti psicologici e ricadute anche successive su tutta la popolazione, che non vanno trascurati, anche se attualmente il progredire della ricerca ha attivato rimedi utili a contenere e ridimensionare questo fenomeno. Resta comunque sempre aperto il problema delle conseguenze psicologiche, a breve ed a lungo termine, della diffusione ampia di malattie non ancora conosciute.
In particolare, 2 sono gli aspetti della vita emotiva a cui porre la nostra attenzione: la paura e l’ansia.
La paura 
E’ un’emozione primaria, dotazione istintiva di tutte le specie animali e che nell’uomo, nel corso dei secoli, ha assunto sempre di più legami con la capacità elaborativa del nostro cervello. La paura è un’emozione di per sé positiva, che non va soffocata ma interpretata, essendo una percezione che ci prepara ad affrontare un pericolo possibile. Possiamo ad esempio immaginare l’uomo primitivo che aveva paura dei temporali e degli animali feroci ed a seguito di questo ha costruito abitazioni per ripararsi ed armi per difendersi. La paura può essere contenibile, o eccessiva, a seconda che il segnale di pericolo sia meno forte o più forte. Un incremento della paura, però, può avvenire anche di fronte ad un pericolo “interno”, ovvero il verificarsi di qualcosa che nella nostra memoria è stato già identificato come “situazione spaventosa o traumatica”, per cui anche solo il ricordo o l’associazione con situazioni simili può elicitare la risposta di paura, attraverso l’effetto mnemonico e la generalizzazione del pensiero.
L’ansia
E’ un correlato della paura, che evidenzia il ruolo che le emozioni hanno nell’attivare il funzionamento del SNA (il nostro sistema nervoso autonomo), nelle due modalità “adrenergica” e “colinergica”. La prima (adrenergica) prepara alle reazioni del tipo “attacco o fuga”, che si mobilitano quando viviamo una percezione di pericolo. La seconda (colinergica), garantendo la funzionalità di base dei sistemi vitali (ritmi sonno-veglia, respirazione, circolazione sanguigna, funzione digestivo-assimilativa, ecc.), presiede alle attività di recupero-riequilibrio di organi e sistemi (come accade per effetto del sonno, lo “spazzino notturno”, che consente all’organismo di riattivarsi, dopo essersi ritemprato).  
Cosa succede quando un eccesso di paura si manifesta nella nostra esperienza di vita? Accade che il sistema adrenergico (si chiama così perché attiva una significativa produzione di adrenalina) si mette in moto, preparando l’organismo alle criticità.
Da ciò capiamo che una certa dose di ansia è addirittura necessaria all’azione e funzionale alla salvaguardia della vita, perché ci prepara ad affrontare le difficoltà della vita. Quindi non dobbiamo avere timore dell’ansia, ma piuttosto imparare ad interpretarla e modularla. Tutto ciò rientra nella cosiddetta “educazione emotiva”. Se nelle proprie relazioni familiari (famiglia d’origine) non c’è stato un buon esempio a questo livello, l’individuo si ritrova sprovvisto di risorse per fronteggiare i momenti critici e potrebbe avere bisogno di un supporto psicologico, per imparare a svilupparle.
La paura del contagio
La paura del contagio è una delle paure umane più radicate, perché è frutto delle esperienze tramandate nel nostro inconscio, che riguardano la storia dell’umanità e che possono restare lì a dormire per anni, oppure possono essere risvegliate da episodi che le riportano a galla, come nella situazione pandemica attuale. Peraltro, il riaccendersi di questa antica paura, di fronte ad una conoscenza limitata di questo nuovo ed imprevedibile “nemico” (il coronavirus, di cui si conosce relativamente poco e per il quale ancora non si è realizzato un vaccino ed una cura adeguate), incrementa una sensazione di precarietà ed incertezza, che finisce per aumentare ulteriormente la paura (che in questo caso si confonde con la più generale “paura dell’ignoto”) e l’ansia, innescando il circuito vizioso di ignoto-paura-ansia-reazione istintuale caotica (ad esempio quella manifestata dalle migliaia di persone che, appena apprese le restrizioni del movimento, sono di corsa partite, ammassandosi nei treni e negli autobus, per allontanarsi dalle “zone rosse” del nord Italia e portando praticamente con sé la minaccia e l’eventualità possibile di un forte allargamento del contagio anche al sud). Un altro aspetto della paura del contagio è il diniego, un meccanismo di difesa primitivo della nostra mente, che porta ad isolare e rinnegare il pericolo e la relativa paura, con atteggiamenti opposti di distacco, del tipo “è una banale influenza” o “tanto succede solo agli anziani” ed altre proposizioni simili, o atteggiamenti come quello di chi continuava a fare assembramenti, anche dopo i diversi avvertimenti e divieti governativi, o di chi è andato a sciare negli impianti pieni di gente, sentendosi “in vacanza” e via discorrendo.
Le restrizioni personali e la claustrofobia
Naturalmente a nessuno fa piacere di dover sperimentare una repentina disorganizzazione dei ritmi di vita, come ci è accaduto a seguito dei provvedimenti che, giorno dopo giorno, ci hanno tolto tante possibilità di movimento e abitudini quotidiane, costringendoci a restare a casa, con la sgradevole sensazione di sentirsi disorientati e destabilizzati. Noi, popolo occidentale abituato alla libertà di movimento, di viaggio, di incontro, di scambio. Noi, con tutte le possibilità a portata di mano. Noi, che la società dei consumi ha abituato ad avere mille e più modi per soddisfare i nostri bisogni. Noi, che abbiamo stretto contatti con tutto il mondo, per lavoro o anche solo per piacere. Noi, figli della realtà globalizzata, ci troviamo a vivere, da un giorno all’altro, improvvisamente, una tale restrizione di risorse e possibilità che forse, a memoria, qualcosa di simile può risalire ai tempi delle guerre, che solo i nostri avi conoscono. Quindi siamo del tutto impreparati e smarriti, increduli di fronte agli scenari che si stanno manifestando ai nostri occhi e nelle nostre vite, da meno di un mese a questa parte. Ed anche questo ha ovvie ricadute psicologiche, alimentando disagio, sofferenza, senso di costrizione ai limiti del claustrofobico, ansie, paure.
Quando l’ansia diventa “sproporzionata”, potendo trasformarsi in panico?

Il panico
Il panico è una paura eccessiva, immotivata, generalmente priva di oggetto, che fa percepire alla persona un imminente pericolo per la sua vita e si manifesta con segnali sintomatici di allarme che investono tutti gli apparati (organi e sistemi) che sono sotto il controllo del SNA (es. battito cardiaco fortemente accelerato, picchi di innalzamento pressorio o, al contrario, repentini cali di pressione fino al collasso o timore di svenimento, sudorazione fredda, senso di mancanza d’aria e sintomi correlati). Questi sintomi così intensi e repentini alimentano nel soggetto la paura di morire. Tutto avviene in modo molto rapido ed il soggetto ne viene fortemente spaventato. Questo spavento, poi, alimenta un circolo vizioso di autosuggestione che tenderà a far aumentare sempre più la paura e porterà il soggetto a bloccarsi e a non sentirsi più capace di affrontare la vita. In questo caso è necessario rivolgersi ad uno specialista (psicologo-psicoterapeuta e, se occorre, anche ad uno psichiatra, per un eventuale trattamento farmacologico). Nel caso del coronavirus, il panico si verifica di fronte ad un problema tendenzialmente reale (io posso contrarre la malattia), ma non permette alla persona di avere reazioni adeguate alla situazione, creando una sensazione interiore di pericolo, del tipo “come se” (mi comporto come se già avessero diagnosticato me o i miei familiari), evidenziando un’ansia anticipatoria che porta a reazioni scompaginate e inconcludenti, o ossessive, simili a quelle di altri quadri clinici (ipocondria, disturbi fobico-ossessivi, etc.)
I suggerimenti
Oltre alle norme di tutela sanitaria, contenute nei comunicati specifici per il coronavirus emanati dal Ministero della Salute http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus e ai dati informativi della Protezione Civile http://www.protezionecivile.gov.it/attivita-rischi/rischio-sanitario/emergenze/coronavirus , si suggerisce sempre di consultare i siti ufficiali per essere aggiornati e non affidarsi al passaparola, alle fake news, ai messaggi vocali messi in rete, che spesso alimentano panico e visioni allarmistiche.
Avere una corretta informazione è importante per essere consapevoli e adottare comportamenti adeguati alle specifiche necessità.
E’ sempre utile ripetere che in questo momento bisogna restare il più possibile a casa, uscire solo per comprovati motivi (sanitari, di lavoro, di approvvigionamento alimentare o farmacologico), munendosi di modulo di autocertificazione (se non lo si può stampare, lo hanno comunque le forze dell’ordine, nel caso si viene fermati), seguendo le norme contenute nei Decreti emanati d’urgenza dal Governo centrale (DPCM 8 marzo https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/08/20A01522/sg e successivi del 9 e 11 marzo e altri, se ne verranno emanati ad ulteriore integrazione).
E’ consigliabile anche limitare la frequenza dell’informazione, per far sì che non diventi un accanimento ossessivo e pericoloso per il proprio equilibrio mentale. Qui vale la regola “poche, ma buone”, relativamente alle fonti ed alla quantità di informazioni ed anche ben distribuite durante l’arco della giornata (un notiziario al mattino, uno alla sera, meglio evitare in prossimità della notte se si è molto sensibili, per non turbare eccessivamente il sonno, di cui abbiamo tutti bisogno). Occorre dunque imparare a selezionare, dosare, distribuire con attenzione. Ma, allo stesso tempo, essere presenti alla realtà dei fatti, evitando forme di “diniego”, quel meccanismo di difesa che porta a banalizzare e sottovalutare i problemi, pensando “tanto a me non può capitare”. Il virus, in questo senso, è democratico: non fa distinzione di sesso, di razza, di età, di religione, di ceto sociale. Come ogni virus, certo, colpisce preminentemente le fasce più vulnerabili della popolazione, ma non solo, ci sono ormai tanti casi accertati di persone anche molto giovani ed in salute che ne sono stati colpiti. Quindi attenzione, tutti.
La “costrizione in casa” a cui ci troviamo obbligati ormai da giorni, può generare due ordini di problemi: il primo è il repentino cambiamento di abitudini e riferimenti, che destabilizza i nostri equilibri, minando le abituali certezze e rendendoci molto più tesi e nervosi, come fossimo in una gabbia invisibile. La impossibilità di avere il controllo delle situazioni è fonte di insicurezza e innalza la soglia della paura, attivando il circuito dell’ansia e favorendo risposte istintive, non sempre adeguate ad affrontare la realtà. Per arginare questo rischio, bisogna cercare di essere quanto più flessibili, allenando la propria capacità adattiva con creatività (ad esempio, cercare cose utili e/o piacevoli da fare in casa, per impiegare il tempo e renderlo significativo, non solo un tempo d’attesa che tutto ritorni normale, ma un tempo pieno, che preluda a una nuova normalità. Perché dopo questa esperienza non saremo più gli stessi. Quindi via libera alla fantasia, per affrontare questo problema. Pulite casa, rovistate nei cassetti e negli armadi, fate ordine, liberatevi di cose inutili e non più necessarie alla vostra vita. Usate l’arte per impiegare il tempo: musica, film, dipingere, creare con bricolage e tutto quanto di creativo vi può venire in mente. E poi comunicate con chi vi è vicino ed anche con chi vi è lontano, oggi per fortuna abbiamo tanti mezzi di comunicazione che abbattono le distanze e possono essere usati nel modo adeguato. E non perdiamo il sorriso, sorridete anche dei limiti e delle difficoltà che talvolta non sappiamo come affrontare, usiamo anche un pizzico di ironia, che non guasta, senza nulla togliere alla serietà del momento.
L’altro aspetto critico (ma anche tendenzialmente positivo) è che si infittiscono i rapporti all’interno delle famiglie, i cui membri sono costretti a vivere molto di più gomito-a-gomito, senza poter “evadere” dalla relazione. Ciò può far emergere tensioni sotterranee, mettendo in discussione precedenti equilibri e determinando altre due possibili conseguenze: i problemi relazionali potrebbero essere meglio risolti, perché finalmente affrontati e non evitati; oppure si possono provocare ulteriori criticità, con aumento del livello di tensione e ansia ed eventuali “fratture” a livello relazionale. Tutto questo potrebbe richiedere la consulenza ed il sostegno di personale tecnicamente preparato a fornire aiuto per i disagi relazionali. Quindi impariamo a curare le relazioni.
Un ultimo suggerimento, questo rivolto a tutti : impariamo ad essere comunità. In questo momento così difficile ci viene data, seppur costrittivamente, l’opportunità di renderci conto che “gli altri siamo noi”, aumentando il senso civico e la capacità di rispetto per sé stessi e per gli altri, insieme.
Chiama ora per richiedere maggiori informazioni.
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